martedì 30 luglio 2024

Corte UE giudica illegittimo il requisito dei 10 anni di cittadinanza italiana per ottenere il defunto Rdc per gli stranieri


La sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CJUE) ha segnato un punto di svolta significativo per la legislazione italiana riguardante l'ex Reddito di Cittadinanza (Rdc). 

La Corte ha giudicato illegittimo il requisito di dieci anni di residenza in Italia per i cittadini stranieri che desideravano accedere al Rdc, la misura che era stata introdotta nel 2019 e abolita con il Governo Meloni.

La decisione della CJUE è stata presa in risposta a una richiesta del Tribunale di Napoli, che ha sollevato dubbi sulla conformità di tale requisito con il diritto dell'Unione Europea. 

Secondo la Corte, il requisito imponeva una discriminazione indiretta nei confronti dei cittadini stranieri, in quanto la maggior parte di loro non avrebbe potuto soddisfare il criterio di residenza decennale, a differenza dei cittadini italiani.

Questa sentenza apre la strada a possibili ricorsi da parte di coloro che sono stati esclusi dal beneficio in passato e pone l'Italia di fronte alla necessità di adeguare la propria legislazione alle norme europee. In particolare, la direttiva UE 2003/109 stabilisce che i cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo dovrebbero avere un periodo di residenza di soli cinque anni per godere di parità di trattamento con i cittadini degli Stati membri in materia di prestazioni sociali.

La sentenza ha anche un impatto significativo sul bilancio dell'INPS, con una stima di 850 milioni di euro potenzialmente in gioco per le richieste retroattive. Ora, la palla passa alla Corte Costituzionale italiana, che dovrà pronunciarsi sulla questione e garantire che le leggi nazionali siano in linea con i principi di non discriminazione e parità di trattamento sanciti dall'Unione Europea.

La decisione della CJUE rappresenta un importante promemoria del ruolo che l'Unione Europea gioca nel garantire che i diritti dei cittadini siano protetti e che le legislazioni nazionali rispettino gli standard comunitari. 

Anche se bisogna ammettere che la corte europea è intervenuta molto in ritardo, visto che il sussidio è stato abolito due anni fa, confermando la sua burocrazia farraginosa.

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